Rinuncia ai crediti, rischio sopravvenienza

L’importo è imponibile in dichiarazione per la differenza tra il valore nominale e quello fiscale
La rinuncia ai crediti dei soci costituisce sopravvenienza attiva imponibile ai fini della determinazione del reddito della società partecipata per la quota che eccede il relativo valore fiscale, così come risultante da dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa dal socio. Lo prevede il comma 4-bis dell’articolo 88 del Tuir, introdotto dal Dlgs 147/2015, che ha modificato la disciplina delle rinunce ai crediti che attribuiva alle stesse un regime di detassazione tout court, analogamente a quanto previsto per gli apporti sotto forma di versamenti a fondo perduto o in conto capitale. 
Dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 7 ottobre 2015 il nuovo regime qualifica fiscalmente «apporto» la sola parte di rinuncia che corrisponde al valore fiscalmente riconosciuto del credito e si applica tanto alle operazioni di rinuncia diretta a crediti originariamente sorti in capo al socio, quanto a quelle precedute dall’acquisto del credito da parte del socio. Per la parte eccedente, pari alla differenza tra il valore nominale del credito e il suo valore fiscale, si genera una sopravvenienza attiva imponibile in capo alla società partecipata, da tassare mediante una variazione in aumento in dichiarazione dei redditi. La sopravvenienza, infatti, non va rilevata a conto economico in quanto ha natura patrimoniale. 
I principi contabili domestici affermano che, se la rinuncia si concretizza in un atto formale effettuato esplicitamente nella prospettiva del rafforzamento patrimoniale della società, si è in presenza di un apporto di patrimonio che va contabilizzato convertendo il debito in una riserva di patrimonio netto (voce AVII “Altre riserve”).
Il principio rileva sia per la rinuncia a un credito per un precedente finanziamento sia per la rinuncia a crediti di natura commerciale; tuttavia, in questo secondo caso, è essenziale la finalità di patrimonializzazione della società partecipata. Infatti, diversamente, la remissione di un debito imputabile a motivi di ordine commerciale, come ad esempio una lite con il socio/fornitore, va imputata al conto economico. In tal caso non si ricadrebbe nell’ambito di applicazione del comma 4-bis dell’articolo 88 e ne conseguirebbe l’imponibilità della sopravvenienza in capo alla società e la deducibilità della perdita su crediti in capo al socio (comma 5 dell’articolo 101 Tuir).
In ipotesi di applicazione dell’articolo 88, comma 4-bis del Tuir, per il socio creditore la rinuncia incrementa il valore fiscale della partecipazione nei limiti del valore fiscale del credito che costituisce apporto per la società partecipata. Il socio è tenuto a comunicare alla società stessa, mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio, il valore fiscale del credito. In assenza di comunicazione il valore fiscale si considera pari a zero; ne deriva che il debitore assoggetta a tassazione l’intera sopravvenienza attiva.
Come chiarito nella relazione illustrativa al Dlgs 147/2015, la norma equipara l’ipotesi in cui il socio acquista il credito a un prezzo inferiore al suo valore nominale per poi rinunciarvi, all’ipotesi in cui il socio effettua un apporto a favore della società partecipata e questa proceda a un’operazione di “saldo a stralcio” con il creditore originario.
Il comma 4-bis dell’articolo 88 trova applicazione, quindi, nelle ipotesi in cui il valore nominale del credito oggetto di remissione non coincide con quello fiscale; ciò può accadere, ad esempio, in caso di svalutazione del credito, di conversione di debiti in capitale (si veda l’articolo in basso) o di credito acquistato a un prezzo inferiore al valore nominale. A tale ultimo riguardo, si ipotizzi che un istituto di credito abbia concesso un finanziamento di 1.000 alla società Alfa e che successivamente tale credito sia ceduto alla società Beta, socia di Alfa, per un importo pari a 700. La banca rileva una perdita da realizzo del credito pari a 300 che risulta deducibile in base al comma 5 dell’articolo 101 del Tuir. La società Beta iscrive il credito acquistato a un valore pari a 700 che è anche il valore fiscale del medesimo. A questo punto, la società Beta rinuncia al credito verso la propria socia Alfa che elimina il debito di 1.000 e contestualmente aumenta il patrimonio netto dello stesso importo. Per effetto della nuova norma, la società Alfa dovrà tassare una sopravvenienza di 300 e la società Beta incrementa il costo fiscale della partecipazione nella società Alfa per un importo pari a 700. In pratica, l’importo che viene dedotto a titolo di perdita su crediti dal primo cedente (istituto creditizio) corrisponde alla so pravvenienza attiva imponibile.
Luca Miele

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