Integrativa e crediti Iva, soluzione pasticciata

COMPENSAZIONE O RIMBORSO
Se si possono comprendere la ragioni di una maggiore cautela per la ritrattabilità delle dichiarazioni a favore riguardanti l’Iva, il “blocco” del recupero alla dichiarazione successiva risulta tuttavia illogico.
Il Dl 193/2016 ha riscritto la disciplina delle dichiarazioni integrative con disposizioni che, se non possono definirsi interpretative, confermano principi che dovevano reputarsi già esistenti (nonostante alcuni infelici arresti giurisprudenziali). Si stabilisce che la dichiarazione risulta integrabile sia a favore che a sfavore del contribuente entro i termini di decadenza dell’azione accertatrice. Un principio che si ricavava già prima: si desumeva dalla legge di stabilità 2015 che dispone il differimento di termini di decadenza in presenza di dichiarazione integrativa. La legge 190/2014 ha recepito le indicazioni della circolare 31/E/2013 (paragrafo 8) con la quale si affermava che i termini di accertamento decorrono dalla presentazione delle dichiarazioni integrative sia a favore – per le quali c’è una maggiore esigenza di tutela per l’amministrazione – che a sfavore del contribuente. La nuova norma del Dl 193/2016 recepisce anche un altro elemento più volte rilevato su queste pagine: la norma che consentiva la compensazione solo per la dichiarazione presentata entro quella successiva doveva essere considerata una disposizione a tutela dell’Agenzia, essendo il credito derivante dalla integrazione in linea di principio compensabile. Affermato proprio questo principio, la nuova norma stabilisce delle limitazioni per le integrative presentate dopo l’anno successivo, ammettendo la compensazione solamente con debiti maturati dopo la presentazione della dichiarazione integrativa.
Per l’Iva il disegno è in parte il medesimo: si afferma che la dichiarazione è integrabile anche a favore entro i termini di decadenza dell’accertamento. Tuttavia, viene stabilito che il credito che ne emerge può essere compensato o rimborsato solo se l’integrativa viene presentata entro la dichiarazione successiva. Così, dopo quest’ultima, il contribuente può attivarsi solamente attraverso istanza di rimborso. Il che risulta incoerente posto che la norma afferma precedentemente la ritrattabilità della dichiarazione a favore entro i termini di decadenza dell’azione di accertamento. Ora dovrebbe risultare chiaro che dichiarazione integrativa e istanza di rimborso non sono istituti fungibili: basti pensare che l’istanza di rimborso non influisce minimamente sui termini di decadenza dell’azione di accertamento, mentre la dichiarazione integrativa sì. Senza contare che l’istanza di rimborso non ritratta i fatti della dichiarazione originaria, ma soltanto gli effetti. 
Posto ciò, non si può minimamente pensare che l’istanza di rimborso possa oggi essere utilizzata come “mezzo” per conseguire gli effetti (il ristoro del credito) derivante dai fatti rappresentati nella dichiarazione integrativa. Non ha senso. Intanto, attualmente c’è un problema nell’identificazione dei termini per l’istanza di rimborso Iva (biennale, ai sensi dell’articolo 21 del Dlgs 546/1992 – e già questo porrebbe dei problemi di coordinamento con i termini per l’integrativa previsti nel nuovo decreto – oppure decennale di prescrizione?). Ma poi sarebbe assurdo che la dichiarazione integrativa a favore faccia slittare i termini di decadenza dell’accertamento, proprio per agevolare i controlli dell’amministrazione, e poi che il contribuente debba presentare istanza di rimborso, con la possibilità che l’amministrazione lo neghi e che il contribuente, nonostante il differimento dei termini di accertamento, sia costretto a coltivare una lite davanti al giudice con tempi ed esiti molte volte incerti.
Fonte: Il sole 24 ore autore Dario Deotto

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