L’integrativa non riapre i controlli

Il nuovo termine per l’accertamento decorre solo per gli elementi modificati
La possibilità, introdotta dall’articolo 5 del decreto fiscale (Dl 193/2016) e operativa da lunedì scorso, 24 ottobre, di presentare la dichiarazione integrativa “a favore” fino alla scadenza del termine di decadenza dell’azione accertatrice ha anche la conseguenza di allungare questo termine, che decorre dalla presentazione della dichiarazione stessa. Ma il Dl 193 introduce l’importante precisazione, che riguarda anche le dichiarazioni integrative Iva e quelle “a sfavore”, per cui il nuovo termine di decadenza decorre limitatamente «ai soli elementi» oggetto di integrazione (anziché «agli elementi», come recitava prima l’articolo 1, comma 640, lettera b), della legge 190/2014).
Il nuovo termine 
La precisazione circa la decorrenza del nuovo termine per l’accertamento ha consentito di superare l’orientamento delle Sezioni unite della Cassazione che, nella sentenza 13378/2016, hanno riconosciuto il diritto di utilizzare in compensazione il credito risultante dalla dichiarazione integrativa solo se la stessa fosse stata presentata entro il termine stabilito per la dichiarazione del periodo d’imposta successivo; negli altri casi il contribuente avrebbe potuto chiedere solo il rimborso. La Cassazione si è, evidentemente, preoccupata che per gli uffici diventasse troppo difficile effettuare i controlli se il contribuente rettificasse a proprio favore la dichiarazione a ridosso del termine di decadenza indicato dall’articolo 43 del Dpr 600/73. Peraltro, il problema si sarebbe potuto risolvere anche in via amministrativa, come ha fatto la circolare 31/E del 2013 sugli errori contabili, per i quali era stata prevista un’analoga “ripartenza” del termine.
L’articolo 5 del Dl 193 ora risolve la questione, ampliando il termine dell’azione accertatrice dell’agenzia delle Entrate e riconoscendo al contribuente l’utilizzo in compensazione del credito risultante dalla dichiarazione integrativa, sia pure con alcune rilevanti limitazioni.
I limiti all’accertamento 
La precisazione che i termini per l’accertamento decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa ma limitatamente «ai soli elementi» oggetto dell’integrazione è importante perché fuga il dubbio che la dichiarazione che integra quella originaria aggiungendo, eliminando o modificando un determinato componente di reddito possa comportare la riapertura del termine di accertamento anche per elementi diversi dello stesso “tipo” (ad esempio, i ricavi) o per l’intera categoria reddituale interessata. 
L’Assonime ha osservato, nella circolare 15/2015 relativa alla precedente formulazione normativa, che se un contribuente «si ravvede in merito alla mancata rilevazione dei ricavi derivanti da una compravendita (...) gli organi accertatori potranno fruire della proroga dei termini non per accertare ulteriori e diverse violazioni, bensì solo per verificare se il contribuente si è correttamente ravveduto in merito alla fattispecie cui si riferisce la violazione». Il Dl 193 ha sancito la correttezza di questa conclusione, anche per non disincentivare il ricorso al ravvedimento, in contrasto con le finalità che ne avevano ispirato la recente riforma. Inoltre la norma sul potere di accertamento, oltre a operare per le imposte sui redditi e l’Irap, è stata estesa all’Iva. Gli elementi oggetto dell’integrazione sono quelli omessi o non indicati correttamente nella dichiarazione originaria o rettificati con quella integrativa.
In alcuni casi dalla rettifica di un elemento può conseguire quella di altri componenti per la cui quantificazione la norma fiscale fa riferimento a quello oggetto di ravvedimento; questa rettifica può, ad esempio, assumere rilevanza anche per la deducibilità delle spese di rappresentanza, se si tratta di componenti positivi dell’attività caratteristica, che vanno assunti nell’ammontare rilevante ai fini fiscali. Il contribuente dovrebbe tenere conto di questi effetti “derivati” in sede di ravvedimento; in caso contrario, può provvedere l’ufficio.
Fonte: Il sole 24 ore autore Gianfranco Ferranti
Recupero limitato oltre l’anno
L’utilizzo in compensazione del credito che risulta dalla dichiarazione integrativa “a favore” presentata oltre il termine di quella relativa all’anno successivo, in base al decreto fiscale (Dl 193/2016), subisce delle limitazioni per le imposte sui redditi, l’Irap e le ritenute, mentre non è ammesso ai fini dell’Iva.
La diversa e meno favorevole disciplina prevista per l’Iva si può spiegare con l’esigenza di monitorare con maggiore attenzione i crediti relativi a questa imposta, considerata l’esigenza di contrastare le frodi e di ridurre il “Vat gap”, cioè il divario tra il gettito Iva atteso e quello effettivo, che vede l’Italia al primo posto in valore assoluto (circa il 30%) in base allo studio della Commissione europea del 6 settembre di quest’anno, confermato dalla relazione allegata alla nota di aggiornamento al Def 2016. In particolare, l’articolo 4 del decreto fiscale persegue questo scopo introducendo l’obbligo di trasmettere, a partire dal 2017, le comunicazioni trimestrali dei dati delle fatture emesse e ricevute e le liquidazioni periodiche Iva. L’entrata a regime di questi nuovi adempimenti dovrebbe, però, consentire di eliminare la disparità di trattamento, che penalizza il ravvedimento relativo a questa imposta.
I crediti Iva
L’articolo 5 del decreto fiscale introduce il nuovo comma 6-bis nell’articolo 8 del Dpr 322/98, che stabilisce, analogamente a quanto previsto per le dichiarazioni dei redditi, Irap e dei sostituti d’imposta (nell’articolo 2, comma 8, dello stesso Dpr 322/98), la possibilità di presentare la dichiarazione integrativa “a favore” entro il termine di decadenza dell’azione accertatrice prevista dall’articolo 57 del Dpr 633/72.
Il successivo comma 6-ter stabilisce che l’eventuale credito derivante dal minore debito o dalla maggiore eccedenza detraibile può essere portato in detrazione in sede di liquidazione periodica o di dichiarazione annuale o utilizzato in compensazione oppure chiesto a rimborso, se ricorrono i requisiti previsti dall’articolo 30 del Dpr 633/72. Queste strade sono però aperte, si legge nel decreto fiscale, se l’eventuale credito risulta dalla dichiarazione integrativa trasmessa entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo. Nonostante il tenore letterale della norma, si auspica che non sia preclusa la possibilità di ottenere almeno il rimborso del credito che emerge dalla dichiarazione integrativa presentata anche oltre questo termine, per evitare una penalizzazione ingiustificata.
Resta fermo, come ha affermato la Cassazione nella sentenza a Sezioni unite 13378/2016, che il contribuente può sempre fare valere a proprio favore in sede contenziosa gli errori commessi nella dichiarazione.
Gli altri crediti
In caso di integrazione della dichiarazione dei redditi, dell’Irap o dei sostituti d’imposta trasmessa oltre il termine di presentazione di quella relativa al periodo successivo, il credito può essere, invece, utilizzato in compensazione ma solo «per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa».
Inoltre, nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa va indicato il credito che deriva dal minor debito o dal maggiore credito risultante dalla dichiarazione integrativa nonché l’importo eventualmente già utilizzato in compensazione. Se, ad esempio, viene presentata nel 2018 la dichiarazione integrativa relativa al 2015, dalla quale emerge un maggior credito, questo può essere utilizzato in compensazione dei debiti maturati dal 2019 in avanti e il contribuente deve indicare nella dichiarazione relativa al 2018 i dati richiesti dalla norma.
LA PRESENTAZIONE
Le dichiarazioni integrative “a favore” di quelle dei redditi, dell’Irap, dei sostituti d’imposta e dell’Iva possono essere presentate, a partire dallo scorso lunedì 24 ottobre, entro il termine stabilito dagli articoli 43 del Dpr 600/73 e 57 del Dpr 633/72. Il termine è stato così uniformato a quello previsto per la trasmissione delle dichiarazioni integrative “a sfavore”, eliminando lo squilibrio tra i contribuenti e il Fisco
L’ACCERTAMENTO
I termini per l’accertamento delle imposte sui redditi, dell’Irap e dell’Iva decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa ma limitatamente ai soli elementi oggetto dell’integrazione. Questi elementi sono quelli omessi o non indicati correttamente nella dichiarazione originaria o rettificati in quella integrativa. La “riapertura” non può, quindi, riguardare l’intera categoria reddituale
INVIO ENTRO UN ANNO
Se la dichiarazione integrativa “a favore” è presentata entro il termine prescritto per la trasmissione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, il credito che ne deriva ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap può essere utilizzato in compensazione. Ai fini Iva può essere portato in detrazione in sede di liquidazione periodica o di dichiarazione annuale, compensato o rimborsato
INVIO DOPO UN ANNO
Il credito che risulta dalla dichiarazione integrativa presentata dopo il termine fissato per l’invio della dichiarazione relativa al periodo successivo:
per le imposte sui redditi e l’Irap si può compensare con i debiti maturati dall’anno successivo a quello in cui è presentata la dichiarazione;
per l’Iva non è detraibile in sede di liquidazione periodica o di dichiarazione né utilizzabile in compensazione

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