Addio alle partite Iva ferme da anni

L’agenzia delle Entrate dovrà chiudere le partite Iva dei contribuenti (anche se società), se risulta che questi non hanno esercitato nelle tre annualità precedenti attività di impresa ovvero attività artistiche o professionali. È questa una delle principali novità contenute nella legge di conversione al decreto legge 22 ottobre 2016, n. 193, considerando che fino ad oggi non era applicabile questo criterio per la cancellazione d’ufficio delle partite Iva, ma si parlava genericamente di soggetti che, pur se obbligati, non hanno presentato la dichiarazione di cessazione di attività. Un futuro decreto attuativo dovrà stabilire «forme di comunicazione preventiva al contribuente» prima di procedere alla chiusura della posizione Iva.
Come quella precedente, anche la nuova procedura di chiusura automatica delle posizioni Iva sarà a regime, in quanto è contenuta nell’articolo 35, comma 15-quinquies, Dpr n. 633/1972. Oggi e fino all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto 193 si applica la procedura introdotta dall’articolo 23, comma 22, decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, e modificata dall’articolo 8, comma 9, lettera a), decreto legge 2 marzo 2012, n. 16. 
Quindi, l’agenzia delle Entrate, sulla base dei dati e degli elementi in possesso dell’anagrafe tributaria, individua i soggetti titolari di partita Iva che, pur obbligati, non hanno presentato la dichiarazione di cessazione di attività e comunica agli stessi che provvederà alla cessazione d’ufficio della partita Iva. Chi rileva eventuali elementi non considerati o valutati erroneamente dall’agenzia può fornire i necessari chiarimenti alle Entrate entro i 30 giorni successivi al ricevimento della comunicazione. Con questa procedura, la sanzione per l’omessa presentazione della dichiarazione di cessazione di attività (codice tributo 8120) viene iscritta direttamente nei ruoli a titolo definitivo. Questa non avviene solo se il contribuente provvede a pagare la somma dovuta, ridotta ad un terzo del minimo, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione. 
Dal giorno dell’entrata in vigore della legge di conversione del decreto fiscale, invece, per procedere d’ufficio alla chiusura della partita Iva, all’agenzia delle Entrate basterà verificare, sulla base dei dati e degli elementi in suo possesso (non necessariamente prelevati dall’anagrafe tributaria), il mancato esercizio per tre annualità precedenti dell’attività di impresa o dell’attività artistica o professionale. Nonostante la chiusura d’ufficio della partita Iva, rimarranno salvi i normali poteri di controllo e di accertamento dell’amministrazione finanziaria. I criteri e le modalità di applicazione della procedura di chiusura automatica delle partite Iva saranno stabiliti da un provvedimento del direttore delle Entrate, il quale dovrà anche stabilire «forme di comunicazione preventiva al contribuente» (articolo 35, comma 15-quinquies, Dpr 633/1972). Si presume quindi che, come in passato, sarà consentito al contribuente che rileva eventuali elementi non considerati o valutati erroneamente dall’Agenzia, di fornire i necessari chiarimenti entro un determinato termine successivo al ricevimento della comunicazione preventiva.
Come in precedenza, la norma parla in generale di partite Iva di soggetti passivi, senza specificare se si tratta di persone fisiche o di società; quindi, si ritiene che sia applicabile anche alle società (in tal senso anche la circolare 28 aprile 2016, 16/E, paragrafo 3).
Fonte: Il sole 24 ore autore Luca De Stefani

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