Arriva l’Iri, prelievo al 24% per il reddito d’impresa

Debutta, dopo vari tentativi, l’imposta sul reddito di impresa (Iri) per le imprese individuali e le società di persone in regime di contabilità ordinaria. Lo stabilisce l’articolo 1, comma 547, della legge di bilancio 2017 che ha introdotto l’articolo 55-bis del Dpr 916/86.
La norma dispone che il reddito d’impresa degli imprenditori individuali e delle società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria, è escluso dalla formazione del reddito complessivo e viene assoggettato a tassazione separata con l’aliquota pari al 24%, ovvero con l’aliquota prevista per i soggetti Ires.
Il reddito di impresa, di conseguenza, non concorre alla formazione del reddito complessivo dell’imprenditore o del socio almeno fino a quando questi soggetti non preleveranno le somme dalla sfera dell’impresa. Infatti nella fattispecie non si applicherà più l’articolo 5 del Tuir che prevede la tassazione per trasparenza dei redditi delle società di persone.
Quando l’imprenditore o i propri soci preleveranno le somme già assoggettate a Iri dai conti bancari dell’impresa, queste somme hanno ancora natura di reddito di impresa e concorreranno a formare integralmente il reddito complessivo personale dell’imprenditore, dei collaboratori dell’impresa familiare o dei soci. Quindi le somme prelevate non seguono le regole del reddito di capitale tassabili al 49,72%, ma saranno tassate per intero.
A sua volta, dal reddito dell’impresa individuale o della società, sono ammesse in deduzione le somme prelevate a favore dell’imprenditore, dei collaboratori familiari o dei soci. La deduzione è determinata al netto (quindi viene ridotta) delle perdite residue computabili in diminuzione dai redditi di impresa dei periodi di imposta successivi.
La norma non brilla per chiarezza e nemmeno gli esempi contenuti nella relazione accompagnatoria aiutano. La norma vuole evitare una doppia deduzione, prima sottraendo per intero le somme prelevate e successivamente con la normale deduzione della perdita; ma può riguardare anche le eccedenze di somme prelevate in un periodo di imposta rispetto agli utili realizzati nello stesso periodo utilizzando gli utili conseguiti negli esercizi precedenti.
Le somme prelevate dalle riserve di utili formate precedentemente alla applicazione dell’Iri rimangono esenti da Irpef in quanto già tassate in regime di trasparenza. Interessante la regola secondo cui si considerano distribuite per prime le riserve formate antecedentemente al regime dell’Iri.
L’Iri non è un regime obbligatorio; infatti come disposto nel comma 4 del nuovo articolo 55-bis, l’opzione ha durata per cinque periodi di imposta ed è rinnovabile (la norma non dice se per un anno o per un quinquennio). L’opzione deve essere esercitata nella dichiarazione dei redditi, con effetto dal periodo di imposta cui è riferita la dichiarazione; per il 2017 l’opzione va quindi comunicata nel modello Unico 2018.
La norma estende il regime dell’Iri anche alle società a responsabilità limitata che hanno i requisiti per optare per la trasparenza fiscale ai sensi dell’articolo 116 del Tuir. Queste società possono optare per le disposizioni di cui al nuovo articolo 55-bis in alternativa alla trasparenza fiscale. In questo caso gli utili prelevati dai soci delle srl hanno natura di reddito di impresa e non di reddito di capitale.
Viene modificato anche il criterio di deducibilità delle perdite di impresa per i soggetti che optano per l’Iri; infatti esse si deducono per intero anche oltre il quinquennio. Se cessa il regime Iri torma il limite temporale quinquennale considerando l’ultimo anno come periodo di imposta di formazione delle perdite.
La relazione illustrativa al disegno di legge precisa che la disposizione è finalizzata anche a favorire la capitalizzazione delle imprese, in quanto scompone, ai fini impositivi, il reddito generato dall’impresa dagli altri redditi percepiti dall’imprenditore, assoggettati all’ordinaria Irpef in misura progressiva.
Infine una disposizione di carattere previdenziale: il contributo annuo dovuto per gli iscritti alle gestioni previdenziali degli artigiani e commercianti, non tiene conto del reddito assoggettato a Iri. La norma richiama l’intero articolo 55-bis del Tuir, ma si ritiene che quando l’utile viene prelevato dal titolare o dai soci non potrà che essere sottoposto a contribuzione, tenuto conto che è sempre definito reddito di impresa.
Fonte: Il sole 24 ore autore Gian Paolo Tosoni

Commenti