Beni significativi, le parti «non funzionali» restano al 10% entro il plafond del servizio

Le Entrate sulla norma della legge di Bilancio che ha valore retroattivo
Le grate antifurto sono sempre considerate parte della prestazione di servizi
Via libera all’Iva del 10% sull’installazione di un bruciatore su una caldaia già installata, in quanto, in questo caso, non va fatta alcuna valutazione sull’autonoma funzionalità del bruciatore rispetto al bene significativo (la caldaia). Il chiarimento è contenuto nella circolare del 12 luglio 2018, n. 15/E, che ha trattato l’agevolazione dell’Iva del 10% sulle prestazioni di servizi su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata, dipendenti da contratti di appalto, di prestazione d’opera e di fornitura con posa in opera, comprensivi dei beni finiti (con limitazioni per i beni significativi) e delle materie prime e semilavorate.
L’agevolazione è contenuta nell’articolo 7, comma 1, lettera b, della legge 488/1999, e riguarda gli interventi di manutenzione (ordinaria o straordinaria), di ristrutturazione edilizia e di risanamento e restauro conservativo, nei quali si può applicare l’Iva del 10% al valore delle prestazioni di servizi (la manodopera), delle materie prime e semilavorate, oltre che dei beni finiti non “beni significativi”, anche se sono parti staccate di questi ultimi, ma a patto che abbiano una propria “autonomia funzionale”. 
Ai beni significativi di cui al decreto delle Finanze del 29 dicembre 1999, invece, l’Iva del 10% si può applicare solo fino a concorrenza del valore delle prestazioni, delle materie prime e semilavorate e degli altri beni finiti non significativi, che hanno un’autonomia funzionale rispetto ai beni significativi stessi.
Parti staccate 
Con un’interpretazione autentica (quindi retroattiva), l’articolo 1, comma 19, della legge 205/2017, ha confermato che per individuare la base imponibile su cui applicare l’aliquota Iva del 10% ovvero quella del 22%, non va sommato al valore dei beni significativi quello delle “singole parti o pezzi staccati che li compongono”. Questa regola, però, vale solo se la parte staccata del bene significativo “da installare” ha un’autonomia funzionale rispetto al bene significativo stesso. Se, invece, la parte staccata concorre alla normale funzionalità del bene significativo “da installare” (quindi, non ha propria autonomia funzionale), il suo valore deve confluire, ai fini della determinazione dell’aliquota Iva del 10%, nel valore dei beni significativi.
Bene significativo già installato 
La valutazione dell’autonomia funzionale della componente staccata rispetto al bene significativo non è necessaria, però, se l’intervento di manutenzione riguarda “l’installazione” o la “sostituzione della sola componente staccata di un bene significativo (già installato precedentemente)”, in quanto l’intervento non ha a oggetto l’installazione del bene significativo bensì la sostituzione/installazione di una sua parte staccata e il valore di quest’ultima viene attratto nel valore complessivo della prestazione di servizi, con Iva al 10 per cento. Per esempio, se il bene significativo è una caldaia, già installata precedentemente, e la parte staccata da installare è il bruciatore, il suo valore non va sommato a quello della caldaia, indipendentemente dal fatto che abbia una notevole rilevanza rispetto al valore, alla struttura o alla funzionalità del bene significativo in cui viene collocato. Come sulla manodopera e sulle materie prime, quindi, si applica l’Iva del 10% anche sul bruciatore.
Ai fini del plafond il valore di riferimento è il costo
La specificazione favorisce il contribuente L’importo va in fattura
Il valore dei beni significativi installati in un intervento di manutenzione (ordinaria o straordinaria), di ristrutturazione edilizia e di risanamento e restauro conservativo su abitazioni è il “costo” sostenuto dall’installatore e non il “prezzo di vendita” addebitato dallo stesso al committente. Questa interpretazione, introdotta retroattivamente dalla legge di Bilancio 2018 e commentata dalla circolare dell’agenzia delle Entrate 12 luglio 2018, n. 15/E, è pro-contribuente, perché riduce il valore del bene significativo (si usa il costo e non il prezzo), ai fini della distinzione tra l’imponibile su cui applicare l’Iva del 10% e quello su cui calcolare il 22 per cento. L’artigiano o il prestatore di servizio incaricati di eseguire l’intervento devono però specificare in fattura il costo che hanno sostenuto per la produzione o per l’acquisto da terzi del bene significativo, fornendo al committente un dato importante per calcolare il “guadagno” sulla fornitura del bene significativo.
L’articolo 7, comma 1, lettera b, legge 488/1999 consente, in questi casi, di applicare sempre l’Iva del 10% sul valore della prestazione di servizi (la posa in opera, la manodopera, eccetera), delle materie prime e semilavorate, oltre che dei beni finiti non beni significativi (anche se sono “parti staccate” di questi ultimi, ma a patto che abbiano «un’autonomia funzionale» rispetto al bene significativo stesso). Al bene significativo, invece, l’Iva del 10% si può applicare solo «fino a concorrenza» del valore precedente; quindi, più basso è il valore del bene significativo, più ampia è l’applicazione dell’Iva del 10%, al posto del 22 per cento.
L’interpretazione autentica ha chiarito che per determinare il valore del bene significativo devono essere considerati “solo” gli oneri che concorrono alla sua produzione, in capo al prestatore nell’intervento edile (materie prime, manodopera impiegata per la loro produzione), senza l’eventuale mark-up (articolo 1, comma 19, legge 205/2017).
Se il bene significativo fornito viene “prodotto” dal prestatore stesso, il suo valore è costituito dal relativo costo di produzione, il quale non può essere inferiore al costo delle materie prime utilizzate e della manodopera impiegata. In base all’Oic n. 13, nel costo di produzione sono compresi sia i costi direttamente imputabili al prodotto, sia i costi generali indiretti sostenuti nella produzione dei beni, come ad esempio l’ammortamento di beni materiali e immateriali utilizzati e la loro manutenzione.
Se, invece, l’intervento edile viene eseguito da un prestatore che non produce direttamente il bene significativo ma lo acquista da terzi, il suo valore non può essere inferiore al suo costo di acquisto, in capo allo stesso. In entrambi i casi, quindi, il valore del bene significativo non deve comprendere il «margine aggiunto dal prestatore» al costo di produzione o di acquisizione, «per determinare il prezzo finale di cessione dello stesso al cliente/committente» (il cosiddetto mark-up).
L’elenco dei beni significativi elencati nel decreto ministeriale 29 dicembre 1999 è tassativo, ma i termini utilizzati vanno «intesi nel loro significato generico e non tecnico»; quindi, sono significativi anche i beni che «hanno la medesima funzionalità di quelli espressamente menzionati», ma che, per specifiche caratteristiche e/o per esigenze di carattere commerciale, assumono una diversa denominazione. Ad esempio, la vasca idromassaggio è nella categoria dei beni significativi dei “sanitari” (circolare 7 aprile 2000, n. 71/E, paragrafo 4). La circolare 12 luglio 2018, n. 15/E, ha chiarito che la stufa a pellet utilizzata per riscaldare l’acqua per alimentare il sistema di riscaldamento e per produrre acqua sanitaria deve essere assimilata alla caldaia, mentre «la stufa a pellet utilizzata soltanto per il riscaldamento dell’ambiente non può essere assimilata alla caldaia». La circolare, però, ha scordato di dire che quest’ultima stufa è comunque un bene significativo, in quanto dovrebbe rientrare tra le «apparecchiature di condizionamento e riciclo dell’aria».
Fonte: Il sole  24 ore autore Luca De Stefani


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