Limite a 100mila euro, così si può uscire dal labirinto del calcolo

Il limite dei 100mila euro previsto per la nuova dichiarazione integrativa speciale potrebbe avere una rilevanza “multiforme” e, quindi, consentire maggiori aperture.
La norma è davvero criptica dispone la possibilità di integrare le dichiarazioni presentate ai fini:
1) delle imposte sui redditi e relative addizionali; 
2) delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi; 
3) delle ritenute e contributi previdenziali; 
4) dell’Irap; 
5) dell’Iva. 
È come se si trattasse di cinque comparti impositivi, visto quanto la norma specifica successivamente. 
Viene infatti stabilito che l’integrazione degli imponibili è ammessa «nel limite di 100mila euro di imponibile annuo, ai fini delle imposte di cui al precedente periodo e comunque di non oltre il 30% di quanto dichiarato». In sostanza, da questa previsione si deduce che l’integrazione è consentita, per le “imposte” di cui al periodo precedente, fino al minore tra i due parametri (100mila euro – 30% di quanto dichiarato). 
Poi la norma aggiunge «resta fermo il limite complessivo di 100mila euro di imponibile annuo per cui è possibile l’integrazione». Questo limite, che ieri sul Sole 24 Ore è stato individuato come plafond massimo per tutti i cinque comparti impositivi prima rilevati, ora trova conferma nella relazione illustrativa di accompagnamento. Nel documento si dice, infatti, che poiché i comparti impositivi comprendono anche ritenute e contributi, il primo limite di 100mila euro si riferisce alle sole imposte, mentre il secondo, comprensivo anche di ritenute e contributi, consiste in una soglia di sbarramento complessivo. 
Questo però può portare alla conclusione che se un contribuente intende regolarizzare dei maggiori ricavi Ires per 60mila euro che hanno rilevanza anche ai fini Iva ed Irap, conta, ai fini del plafond di 100mila euro, soltanto 60mila euro. Certo, poi rimane il fatto che occorre eseguire il confronto con il 30% di quanto dichiarato, e questo non può che riguardare il singolo tributo. Peraltro, per l’Iva può risultare un vero dilemma capire qual è il 30% di quanto dichiarato perché la dichiarazione Iva è essenzialmente un riepilogo delle operazioni attive e passive effettuate nell’anno. A questo occorre aggiungere che la norma poi stabilisce che per chi ha dichiarato un imponibile inferiore a 100mila euro o ha dichiarato perdite, l’integrazione è ammessa fino a 30mila euro. Insomma, un vero e proprio dedalo che dovrà essere meglio definito. Peraltro, visto che si è fatto riferimento all’Iva, andrà anche riconsiderata la questione dell’aliquota media, che è stata copiata da precedenti provvedimenti “condonistici” (articolo 7 della legge 289/2002). Visto che si tratta di un’integrazione “selettiva” e “non di massa” degli imponibili, non ha senso prevedere l’applicazione di un’aliquota media Iva. Il contribuente potrebbe infatti regolarizzare degli specifici elementi reddituali che non per forza hanno rilevanza ai fini Iva. 
Fonte: Il sole 24 ore autore Dario Deotto

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