Spesometro 2018: come sanare gli errori commessi

La comunicazione dati fatture, il cosiddetto spesometro, è un adempimento che sarà abrogato dal 2019, in virtù delle semplificazioni previste con l'introduzione della fatturazione elettronica. Analizziamo le ipotesi di ravvedimento per il contribuente che si accorge di aver inviato dati errati o di aver dimenticato alcune fatture oggetto della comunicazione.
Il DL 193/2016, convertito con modificazioni dalla L. 225/2016, ha introdotto a decorrere dal 1° gennaio 2017 l'invio dello spesometro a cadenza trimestrale (in luogo della previgente periodicità su base annuale) e l'invio trimestrale dei dati di sintesi delle liquidazioni periodiche IVA (modello LIPE). In linea generale, la trasmissione dei dati fatture deve essere effettuata entro l’ultimo giorno del 2° mese successivo a ogni trimestre di riferimento; in alternativa, è possibile effettuare la trasmissione con cadenza semestrale (entro il 30 settembre per il primo semestre ed entro il 28 febbraio dell'anno successivo per il secondo semestre).
L’Agenzia delle Entrate provvede ad incrociare i dati della comunicazione trimestrale delle liquidazioni periodiche IVA con quelli dello spesometro, oltre che con i versamenti effettuati; le risultanze di tale incrocio saranno messe a disposizione del contribuente o dell'intermediario abilitato.
Oltre all'introduzione dei suddetti adempimenti, il DL 193/2016 ha definito gli aspetti sanzionatori legati alle ipotesi di omissioni o di errori nella trasmissione dei dati. Sul versante dello spesometro, in caso di omissioni o errata trasmissione dei dati delle fatture è prevista l'applicazione della sanzione amministrativa di 2 euro per ogni fattura, con un limite massimo di 1.000 euro per ciascun trimestre. Inoltre, in caso di trasmissione dei dati corretti entro i 15 giorni successivi alla scadenza ordinaria è prevista la riduzione della sanzione alla metà, entro il limite massimo di 500 euro.
Con la Risoluzione n. 104/E del 28 luglio 2017 l'Agenzia delle entrate ha chiarito che, in caso di errori od omissione, il contribuente può avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso previsto dall’articolo 13 del D.Lgs. del 18 dicembre 1997, n. 472. L’omessa o errata trasmissione dei dati fatture può essere regolarizzata inviando la comunicazione inizialmente omessa o errata, applicando alla sanzione di cui all’art. 11, c. 2-bis, del D. Lgs. 471/1997 le riduzioni previste dall’art. 13, c. 1, lett. a-bis) e ss., del D. Lgs. 472/1997, a seconda del momento in cui interviene il versamento. Si ricorda che il ravvedimento è possibile salva la notifica degli atti di accertamento.
Così, ad esempio, in caso di errata comunicazione dei dati di 180 fatture relative al secondo trimestre del 2018 (con scadenza entro il 1° ottobre 2018), qualora il contribuente si ravveda in data 3 novembre 2018, lo stesso dovrà nuovamente assolvere all’obbligo comunicativo e versare 40 euro, pari alla sanzione base di 360 euro (2 euro x 180 fatture) ridotta a 1/9, ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lett. a-bis), del D.Lgs. n. 472 del 1997 (regolarizzazione entro 90 gg). Qualora la correzione fosse avvenuta entro i 15 giorni successivi alla scadenza (ad esempio il 15 ottobre 2018), il contribuente avrebbe potuto versare la sanzione di 20 euro,  data dalla sanzione ordinaria ridotta alla metà (1 euro) moltiplicata per il numero dei documenti errati (180 fatture), ridotta a 1/9.
Fonte: consulenza Buffetti autore Dimitri Simone

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