Beni e partecipazioni d’impresa, rivalutazioni con cautela

La scelta. Il maggior valore attribuito agli asset va considerato insieme alle disposizioni previste per le svalutazioni soprattutto nella redazione dei bilanci delle aziende che chiudono in perdita
Rivalutazione dei beni e delle partecipazioni per le imprese che adottano gli Oic, possibilità per le non quotate di uscire dai principi contabili internazionali e alcune disposizioni fiscali sulle banche sono le novità contabili più rilevanti della legge di Bilancio 2019 (legge 145/2018).
Per le imprese che redigono il bilancio in base alle norme del Codice civile e dei principi contabili nazionali, è riproposta la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni sulla falsariga delle precedenti disposizioni (legge 145/2018, articolo 1, commi 940 e seguenti). Nel decreto fiscale 119/2018 (convertito dalla legge 136/2018) troviamo anche una norma anti-svalutazione: si tratta di due disposizioni da usare “con cautela”. Vediamo perché.
Spazio alla rivalutazione 
La possibilità di rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni è in deroga all’articolo 2426 del Codice civile, che prevede, salvo limitate eccezioni, la valutazione al costo di acquisto o di fabbricazione.
Sono rivalutabili i beni, comprese le partecipazioni, iscritti nel bilancio al 31 dicembre 2017, esclusi gli immobili che costituiscono rimanenze. La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio per il quale il termine di approvazione scade successivamente al 1° gennaio 2019, ovvero il bilancio 2018. La legge ripropone le regole precedenti: la rivalutazione deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e deve essere annotata nell’inventario e nella nota integrativa.
Il maggior valore attribuito ai beni, con pagamento delle imposta sostitutive del 16% (beni ammortizzabili) e del 12% (beni non ammortizzabili), è riconosciuto ai fini Ires e Irap a decorrere dal terzo esercizio successivo al 2018 (immobili dal 2020, riallineamento ex articolo 14, legge 342/2000). Le imposte sostitutive (compensabili) sono versate in un’unica rata entro il termine di versamento del saldo delle imposte relative al 2018, così il 10% relativo alla riserva di rivalutazione.
Il rapporto con le svalutazioni 
La rivalutazione impone alcune riflessioni alle imprese che presentano bilanci in perdita, che devono tenere conto del principio contabile Oic 9, sulle svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni.
Infatti, l’articolo 2426 n. 3 del Codice civile prescrive la svalutazione delle immobilizzazioni nel caso di perdite durevoli di valore delle stesse: le regole contenute nell’Oic 9 si applicano, in particolare, alle imprese con andamenti economici negativi che presentano perdite durevoli, non causate da situazioni momentanee. Ne consegue che, se la mancata svalutazione è comportamento contrario a quanto prevede il Codice civile, la rivalutazione può costituire un errore che può portare, in determinate situazioni (come un dissesto), a conseguenze negative per amministratori e organi di controllo: devono essere analizzate natura e tipologia delle perdite.
Titoli e partecipazioni 
Con riferimento alle partecipazioni (e ai titoli) l’articolo 20-quater del Dl 119/2018 consente alle imprese Oic adopter, di non svalutare i titoli, di debito e partecipativi, quotati e non quotati, iscritti nell’attivo circolante, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole. La norma riprende quella del decreto 185/2008, più volte prorogata negli anni successivi.
In sostanza, mentre la legge di Bilancio consente la rivalutazione di alcuni asset, tra i quali le partecipazioni, la legge fiscale consente, nelle situazioni previste, di non svalutare le partecipazioni. Normalmente, le imprese che hanno iscritto titoli e partecipazioni nell’attivo circolante del bilancio devono seguire le disposizioni dell’articolo 2426 n. 9 del Codice civile, che impone la svalutazione se il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato (valore corrente) é minore del costo. L’articolo 20-quater consente di mantenere in bilancio titoli e partecipazioni al valore di iscrizione, come risulta dall’ultimo bilancio annuale approvato, pertanto il bilancio 2017, anziché al valore desumibile dall’andamento del mercato: può essere prorogato, con decreto del Mef, agli esercizi successivi al 2018 in relazione all’evoluzione della situazione di turbolenza dei mercati finanziari, previsione che non è facile comprendere dal momento che la situazione, a differenza del 2008, è interna all’Italia.
La situazione più delicata riguarda i titoli (partecipazioni) non quotati perché, in assenza di una quotazione, è il redattore del bilancio a dover fare la scelta se svalutare o meno: la legge sterilizza l’inattendibilità delle valutazioni espresse dal mercato, ma non sterilizza il rischio derivante dalla situazione economica della controparte, che è altra cosa e che può rendere la perdita durevole se non definitiva.
È una facoltà lasciata alla discrezionalità tecnica del redattore del bilancio, non un obbligo. Chi è preposto alla governance della società deve valutarne l’applicazione, con illustrazione nella nota integrativa, quantificando l’importo della mancata svalutazione: gli amministratori non possono proporre la distribuzione di eventuali utili che derivano dalla mancata svalutazione. Le imprese dovrebbero fare un uso prudente della norma, mentre chi l’ha proposta dovrebbe seguire un buon corso sui principi di redazione del bilancio.
Fonte: Il sole 24 ore autore Franco Roscini Vitali

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