Cessioni di partecipazioni tutte tassate al 26 per cento

Dal 1° gennaio in vigore le modifiche previste dalla legge di Bilancio 2018
Persone fisiche: utili prodotti ante 2018 disallineati sulle plusvalenze
Il 2019 sarà un anno denso di novità per i possessori di partecipazioni societarie al di fuori dell'esercizio d'impresa. Diventano contemporaneamente efficaci le norme della legge di Bilancio 2018 che hanno equiparato il regime delle plusvalenze da cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate e non qualificate, i nuovi criteri di individuazione delle partecipazioni in entità estere a regime fiscale privilegiato, la riapertura con diverse modalità della possibilità di rivalutare, con il pagamento di una imposta sostitutiva, le partecipazioni in società non negoziate in mercati regolamentati. Alcuni consolidati schemi decisionali devono quindi essere radicalmente rivisti.
Imposta sostitutiva sulle plusvalenze 
Con effetto dalle cessioni a titolo oneroso di partecipazioni fatte dal 1° gennaio 2019, le plusvalenze relative a partecipazioni qualificate realizzate al di fuori dell'esercizio d'impresa da persone fisiche, enti non commerciali (compresi i trust), società semplici soggetti non residenti (salvo esenzioni o esclusioni dovuti da norme interne o convenzioni contro le doppie imposizioni) sono soggette alla stessa imposta sostitutiva del 26% prevista per le partecipazioni non qualificate. Queste plusvalenze, quindi, cessano di concorrere (anche se in misura normalmente ridotta) alla formazione del reddito complessivo imponibile del contribuente. Il momento del “realizzo” della plusvalenza è quello in cui si verifica il passaggio della proprietà della partecipazione. Eventuali acconti percepiti nel 2018 in relazione a cessioni perfezionate nel 2019 saranno soggetti a imposta sostitutiva nel 2019, mentre eventuali pagamenti dilazionati relativi a cessioni perfezionate nel 2018 e precedenti resteranno soggetti al vecchio regime. In mancanza di diverse disposizioni, eventuali minusvalenze conseguite fino al 2018 e non ancora compensate con successive plusvalenze (memorizzate nel quadro RT della dichiarazione) dovrebbero essere utilizzabili in diminuzione delle plusvalenze realizzate – in regime dichiarativo – dal 2019 soggette all'imposta sostitutiva. Il meccanismo sarà probabilmente meglio esplicitato nella modulistica.
Per le partecipazioni anche qualificate in custodia o amministrazione presso intermediari finanziari italiani sarà possibile esercitare l'opzione per il regime del risparmio amministrato (si veda «Il Sole 24 Ore» del 22 dicembre 2018). In questo modo sarà possibile:
evitare di indicare nel quadro RT eventuali plusvalenze, dato che la fiscalità viene gestita dall'intermediario finanziario;
compensare le minusvalenze realizzate presso lo stesso intermediario in regime amministrato o gestito e utilizzare minusvalenze provenienti dalla chiusura di rapporti cosiddetti “optati” presso altri intermediari.
Peraltro, si deve tenere conto del fatto che:
eventuali minusvalenze realizzate fino al 2018 in regime dichiarativo non saranno utilizzabili nel regime del risparmio amministrato o gestito, ma solo in compensazione da plusvalenze indicate nel quadro RT;
il passaggio al regime amministrato comporta la perdita della stratificazione dei costi d'acquisto dei titoli. In regime amministrato, infatti, il costo dei titoli venduti non è calcolato con il metodo Lifo, come nel regime dichiarativo, ma con la tecnica del costo medio ponderato (si veda l’esempio a fianco).
Disallineamento impositivo 
di dividendi e plusvalenze 
Altro aspetto da considerare è che dal 2019 si verifica un disallineamento fra il regime dei dividendi e quello delle plusvalenze relative a partecipazioni qualificate. 
In particolare, se la partecipazione è detenuta da una persona fisica, i dividendi da partecipazioni qualificate percepiti dal 2018 e formati con utili prodotti fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2017 continuano a concorrere alla formazione del reddito complessivo del beneficiario soggetto a Irpef e addizionali comunali e regionali. La base imponibile è ridotta al 40% del dividendo lordo se è formato con utili prodotti fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2006, al 49,72% se è formato con utili prodotti fra l'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006 e quello in corso al 31 dicembre 2016, e al 58,14% se è formato con utili prodotti nell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016. Supponendo quindi che il dividendo cada nello scaglione massimo dell'Irpef (43%) e che le addizionali regionali e comunali siano applicate nella misura vigente, ad esempio, a Milano (1,74% + 0,8%), l'incidenza fiscale sul dividendo sarà rispettivamente del 18,2%, del 22,6% e del 26,5%. È quindi ovvio che il socio che intenda cedere le proprie partecipazioni avrà interesse ad ottenere che la distribuzione delle riserve di utili prodotti fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2016 preceda la cessione. 
Società semplici e trust 
Lo stesso ragionamento vale per le partecipazioni detenute da società semplici. In questo caso la particolarità è il disallineamento nella tassazione dei dividendi formati con utili prodotti dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 rispetto alla tassazione delle plusvalenze. Infatti, i dividendi concorreranno a formare il reddito complessivo dei soci della società semplice nel loro intero ammontare; quindi sconteranno un'imposta, nell'esempio già fatto, del 45,54 per cento. La plusvalenza sarà invece soggetta all'imposta secca del 26 per cento. Per le società semplici è quindi proibitivo percepire dividendi formati con utili prodotti dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017.
Ancora diverso è il caso delle partecipazioni detenute dagli enti non commerciali compresi i trust. I dividendi formati con utili prodotti dalla partecipata fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2016 concorrono a formare il reddito del trust soggetto all'Ires del 24% nella misura del 77,74%, con una incidenza fiscale del 18,7%, mentre quelli formati con utili prodotti a partire dal successivo esercizio concorrono a formare il reddito del trust in misura integrale. Entrambi i livelli di tassazione, quindi sono inferiori all'imposta sostitutiva del 26% dovuta in caso di cessione della partecipazione, il che induce a distribuire il maggior ammontare possibile di riserve di utili prima della cessione della partecipazione.
Come si può notare, l'intero sistema non è ancora molto organico.
Fonte: Il sole 24 ore autore Marco Piazza

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