Alle micro imprese potrebbe non bastare indicare in nota integrativa le erogazioni

Le condivisibili modifiche apportate dal decreto Crescita alle norme contenenti gli obblighi di trasparenza delle erogazioni pubbliche ricevute rischiano di essere assai meno efficaci di quanto era, probabilmente, nelle intenzioni del legislatore.
In via informale, infatti, il ministero dello Sviluppo economico ha risposto ad alcuni quesiti posti da un’impresa, con affermazioni da cui emergono interpretazioni assai rigide e in buona parte contrarie a quello che, ad oggi, è l’orientamento prevalente. Vediamo perché.
Bilanci abbreviati
L’attuale comma 125-bis della legge 124/2017, come modificato dall’articolo 35, comma 1 del decreto legge 34/2019, prevede che «i soggetti che redigono il bilancio ai sensi dell’articolo 2435-bis del Codice civile e quelli comunque non tenuti alla redazione della nota integrativa» assolvono gli obblighi di trasparenza mediante pubblicazione delle medesime informazioni e importi, entro il 30 giugno di ogni anno, su propri siti internet, secondo modalità liberamente accessibili al pubblico o, in mancanza di questi ultimi, sui portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza.
Come anticipato sul Sole 24 Ore del 15 maggio scorso, il testo è confusionario, perché assimila soggetti che non hanno l’obbligo della nota integrativa (come le micro-imprese di cui all’articolo 2435-ter del Codice civile) alle società ammesse al bilancio abbreviato, che non possono evitare tale documento. Si auspicava che venisse chiarito che le due modalità di assolvimento degli obblighi di trasparenza (nota integrativa e sito) sono alternative, potendo le imprese scegliere liberamente se procedere con l’una o l’altra forma.
Secondo la risposta diffusa dal ministero dello Sviluppo economico, qualora l’impresa rediga «in via facoltativa» la nota integrativa, essa, al fine di adempiere all’obbligo di trasparenza, deve fare menzione di tale pubblicazione sul sito o portale digitale, «mediante rinvio al documento completo o, eventualmente, mediante pubblicazione, anche per estratto, della nota integrativa stessa». Quindi, per le micro-imprese, l’eventuale indicazione delle erogazioni pubbliche nella nota non consente di evitare l’indicazione sul sito o portale digitale. La risposta non sembra obbligare al doppio adempimento anche le società con bilancio abbreviato (come detto, obbligate alla nota integrativa), ma la poca chiarezza del testo normativo non lascia tranquilli. Non resta che rinnovare l’auspicio di un chiarimento nel senso dell’alternatività perfetta tra i due canali pubblicitari, altrimenti il rischio è che i soggetti minori abbiano appesantimenti amministrativi (e quindi oneri) superiori a quelli di maggiore dimensione.
Sanzioni
Sul piano sanzionatorio, la risposta resa dal Mise è ancora più sorprendente. Si ricorderà che il nuovo testo del comma 125-ter della legge 124/2017 stabilisce che «a partire dal 1° gennaio 2020» l’inosservanza degli obblighi di cui ai commi 125 e 125-bis comporta una sanzione pari all’1% degli importi ricevuti, con un importo minimo di 2mila euro, nonché la sanzione accessoria dell’adempimento agli obblighi di pubblicazione.
Questa disposizione è stata letta da tutti i commentatori come la previsione di un periodo di “transizione”, coincidente con l’esercizio 2018, privo di sanzioni, per permettere alle imprese di familiarizzare con i nuovi adempimenti. Invece, nella risposta fornita, il Mise sostiene che il disallineamento temporale non comporterebbe alcun esonero dalla responsabilità rispetto agli obblighi previsti dalla norma, per cui le sanzioni ridotte dal decreto Crescita si applicherebbero anche alle omissioni commesse nei bilanci depositati nel 2019 con riferimento all’esercizio 2018 (ovvero sui siti internet per chi è obbligato a tale forma di pubblicità). Semplicemente, le sanzioni verrebbero irrogate a partire dal 1° gennaio 2020, ma non solo con riferimento agli obblighi relativi alle erogazioni 2019 (come si immaginava), ma anche relativamente agli obblighi sulle erogazioni 2018.
Anche in questo caso, la lettura interpretativa sembra eccessivamente penalizzante per le imprese, svuotando, di fatto, l’effetto dello slittamento al 2020 della decorrenza delle sanzioni.
Ulteriori interrogativi
La disciplina sulla trasparenza delle erogazioni pubbliche, per quanto riformata, va chiarita sotto ulteriori aspetti, quali la portata del limite minimo di 10mila euro (da riferirsi a ogni singolo ente erogante o al totale complessivo annuo?), l’applicazione della sanzione minima di 2mila euro (da intendersi per impresa o per ogni singola omissione?) e la rilevanza, a questi fini, della garanzia pubblica concessa sul fondo di garanzia per le Pmi (articolo 2, legge 662/1996) in caso di finanziamento (va indicata e, in caso positivo, come va determinato il relativo importo?).
Fonte: Il sole 24 ore autore Giorgio Gavelli

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