La «presa diretta» dal bilancio aiuta lo sgravio delle multe Irap

L’Agenzia ha confermato la possibilità di «scontare» le penali contrattuali
Le sanzioni discendenti dalle clausole penali sono le sole di cui la Cassazione e il Fisco hanno riconosciuto la deducibilità in sede di determinazione del reddito d’impresa, a condizione che le stesse siano stabilite nell’ambito di rapporti di natura privatistica e non da norme previste a tutela di interessi generali della collettività.
Le clausole penali
Nella risoluzione 9/174/1991 è stata attribuita la natura di sopravvenienze passive alle indennità corrisposte a titolo di risarcimento del danno derivante dall’inadempimento degli obblighi previsti in una convenzione sottoscritta dalle parti, ancorché non vi sia una espressa previsione normativa in tal senso, a differenza di quanto stabilito per quelle “conseguite”, che configurano sopravvenienze attive.
L’agenzia delle Entrate è pervenuta alla medesima conclusione nella circolare 29/E/2011, nella quale è stato riconosciuto sussistere il requisito dell’inerenza con riguardo alle penali previste in caso di violazione degli obblighi stabiliti nell’ambito di un rapporto contrattuale di natura privatistica tra un’impresa e un ente pubblico.
La Suprema corte ha affermato, nella sentenza 19702/2011, che le somme corrisposte in conseguenza di clausole penali inserite nei contratti, in base all’articolo 1382 del Codice civile, per regolamentare gli effetti dell’inadempimento o del ritardato adempimento di uno dei contraenti sono deducibili in sede di determinazione del reddito d’impresa in quanto inerenti allo svolgimento dell’attività commerciale, avendo la finalità di determinare preventivamente il risarcimento dei danni in relazione all’ipotesi contrattualmente pattuita. Tale orientamento è stato successivamente confermato nelle sentenze 16561/2017 e 18903/2018.
Nell’ordinanza 30238/2018 la stessa Corte ha, altresì, precisato, a proposito della deducibilità delle sanzioni per ritardato versamento dei contributi Inps, che la natura civile di tali sanzioni «non comporta per automatica conseguenza l’inerenza (...) all’attività di impresa, intesa come inevitabilità di un costo per il funzionamento ordinario dell’attività nel perseguimento dell’oggetto sociale (...) Diversamente opinando, verrebbe svilita proprio la funzione coercitiva della sanzione, consentendo all’imprenditore di valutare se corrispondere tempestivamente ovvero se lucrare sul differimento del termine ad adempiere, sapendo di poter comunque portare a deduzione il maggior costo delle sanzioni».
È stato, pertanto, ribadito che non deve essere svilita la funzione coercitiva della sanzione, il che lascia intendere che la deducibilità sia limitata ai soli casi in cui la stessa è stabilita nell’ambito di rapporti di natura privatistica e non a tutela di interessi generali della collettività.
Il caso dell’Irap
L’Agenzia ha affermato, nella circolare 39/E/2009, che per le società di capitali e gli enti commerciali «il principio di inerenza che deve essere seguito ai fini dell’applicazione dell’Irap è quello civilistico», in ossequio alla previsione normativa che stabilisce la “presa diretta” della base imponibile del tributo regionale dal risultato del bilancio. Alla stessa conclusione è pervenuta la Cassazione nell’ordinanza 15115/20218.
Si ritiene, di conseguenza, che le sanzioni siano deducibili ai fini di tale imposta, perché nel principio Oic 12 è espressamente stabilito che gli «oneri per multe, ammende e penalità», comprese quelle «originate da eventi estranei alla gestione, imprevedibili ed occasionali», sono inclusi nella voce B14 del conto economico («Oneri diversi di gestione»).
NORME E TRIBUTI 02 SETTEMBRE 2019 Il Sole 24 Ore lunedì

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