Gli interpelli ampliano la platea degli impatriati

Ammesso anche chi non cambia azienda. Facilitato il conto dei 24 mesi all’estero
Sono ostative la mancata richiesta al datore e l’omissione in Redditi
Parlare di attrattività del sistema fiscale italiano può suonare stonato in tempi di emergenza coronavirus. Ma è un fatto che negli ultimi anni le misure per attirare il “capitale umano” abbiano funzionato, come si evince anche dal numero crescente dei casi oggetto di chiarimenti da parte delle Entrate. Chiarimenti che vale la pena di sistematizzare, perché possono interessare molti di coloro che hanno scelto il nostro Paese di recente e anche coloro che - nonostante le attuali difficoltà - torneranno a sceglierlo.
Soffermandosi sul regime fiscale riservato ai lavoratori impatriati numerosi sono i documenti di prassi resi pubblici da inizio 2019 alla fine dello scorso febbraio (e il numero aumenta se si considerano anche i regimi riservati a ricercatori e docenti, pensionati e titolari di grandi patrimoni). L’aumento delle pronunce trova giustificazione anche nelle modifiche introdotte con il decreto crescita (Dl 34/2019) che ha notevolmente esteso la platea dei potenziali beneficiari, modificando l’articolo 16 del Dlgs 147/2015. Prima le agevolazioni erano limitate ai lavoratori altamente qualificati o che rivestivano ruoli direttivi, oggi invece si estendono al mondo delle professionalità minori, agli sportivi professionisti e a chi intende avviare un’attività di impresa.
Oggi hanno diritto alle agevolazioni i soggetti che: sono stati residenti all’estero nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento in Italia e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni, svolgendo l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano. A questi spetta la detassazione ai fini Irpef, per cinque anni, del 70% del reddito di lavoro dipendente o autonomo prodotto in Italia. Il regime si applica anche a chi avvia un’attività d’impresa in forma individuale. Per chi si trasferisce in un comune del Sud la detassazione aumenta nella misura del 90%. Inoltre, le agevolazioni vengono estese per ulteriori 5 anni, con detassazione al 50% in questo arco temporale aggiuntivo, in caso di lavoratori con almeno un figlio o proprietari di immobili residenziali in Italia. Ai lavoratori con 3 figli spetta una detassazione del 90%. Per gli sportivi professionisti la riduzione dell’imponibile è del 50% a fronte di un contributo pari allo 0,5% della base imponibile.
Con l’ultimo collegato fiscale (Dl 124/2019) le disposizioni agevolative sono state rese applicabili ai soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia dal 2020 o l’hanno trasferita dal 30 aprile 2019 con effetti dal periodo di imposta 2019.
Alcuni dei chiarimenti si soffermano sui requisiti generali di accesso al regime agevolativo soprattutto nel periodo precedente all’introduzione delle modifiche del 2019. In particolare, sui requisiti temporali, l’Agenzia ha chiarito che lo svolgimento dell’attività lavorativa all’estero per 24 mesi e l’iscrizione all’Aire (prima necessaria per l’accesso alle agevolazioni) per due periodi d’imposta devono sussistere al momento del rientro in Italia, non rilevando la circostanza che questi requisiti maturino contemporaneamente (risposte 32, 34, 36 del 2019).
Nelle pronunce intervenute a cavallo con l’introduzione del decreto legge 34/2019, l’Agenzia ha rimarcato che la mancata iscrizione all’Aire non è più ostativa agli sconti fiscali per chi si trasferisce in Italia, purché sia in grado di dimostrare la residenza estera sulla base dei criteri previsti dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni (risposte 204, 216, 495 e 497 del 2019).
Ci sono poi state alcune - discutibili - pronunce di carattere più squisitamente interpretativo in cui le Entrate hanno avallato tesi più restrittive: tra queste l’incompatibilità tra il forfettario e il regime degli impatriati (risposta 283 del 2019), nonché l’impossibilità di applicare i benefici dall’anno del rientro se il lavoratore non li ha richiesti al datore e non ne ha fatto menzione nella dichiarazione dei redditi (ferma restando la possibilità di beneficiarne per gli anni successivi; risposta 59 del 2020).
Altra questione, i lavoratori distaccati all’estero che rientrano in Italia: qui l’Agenzia ha ritenuto applicabili le agevolazioni nella misura in cui il rientro non avvenga in continuità con la precedente posizione lavorativa, ma a fronte di un ruolo aziendale diverso (risposte 492 e 510 del 2019).
Di grande attualità è la recente pronuncia secondo cui i piani azionari di incentivazione dei manager che si trasferiscono in Italia possono beneficiare del regime impatriati (ma anche, in alternativa, della sostitutiva di 100mila euro su tutti i redditi esteri per i titolari di grandi patrimoni) a seconda del Paese in cui si considerano prodotti i relativi redditi. La richiesta era stata avanzata da un gruppo internazionale finanziario con sede a Londra che ha costituito una società in Italia assumendo dal 2020 alcuni manager per il mercato italiano.
Nel post Brexit e con gli effetti economici del coronavirus incentivare maggiormente anche le aziende che si trasferissero nel nostro Paese darebbe una spinta per la crescita e la competitività.
Fonte: Il sole 24 ore autori Antonio Longo Antonio Tomassini

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