Trasparenza sui contributi pubblici nella nota integrativa o sul sito web

Non vanno riportati gli importi complessivi fino a 10mila euro. Semplice menzione per i benefici censiti nel registro nazionale
Seppure nei maggiori termini concessi dall’articolo 100 del decreto legge 18/20 le società si stanno apprestando a definire i bilanci dell’esercizio 2019 da presentare in assemblea. Allo scopo, non va dimenticato un adempimento che un anno fa preoccupava gli operatori e che si ripete quest’anno, anche se in presenza di una disciplina in parte diversa: l’obbligo di dare trasparenza delle erogazioni pubbliche ricevute nello scorso esercizio.
Le disposizioni di riferimento sono costituita dai commi 125 e seguenti dell’articolo 1 della legge 124/17, nella versione emendata (a bilanci oramai già definiti) dall’articolo 35 del decreto Crescita 34/19.
In primo luogo occorre distinguere tra i soggetti citati al comma 125 (Onlus, fondazioni, alcune associazioni e cooperative sociali, queste ultime interessate anche dal comma 125-sexies) – che hanno l’obbligo di pubblicare le informazioni richieste dalla legge nei propri siti o portali digitali, entro il 30 giugno di ogni anno – e le imprese che esercitano le attività commerciali di cui all’articolo 2195 del Codice civile, tenendo presente che le coop sociali sono anche imprese commerciali, mentre le attività solo agricole sono disciplinate dall’articolo 2135 del Codice civile.
Per le imprese commerciali, l’obbligo di trasparenza va adempiuto tramite la nota integrativa (anche del bilancio consolidato), ma qui c’è già il primo problema. Nel comma 125-bis è previsto che i soggetti che redigono il bilancio abbreviato in base all’articolo 2435-bis del Codice civile «e quelli comunque non tenuti alla redazione della nota integrativa» assolvono l’obbligo di trasparenza, entro il 30 giugno, sul proprio sito o sul portale dell’associazione di categoria. È sbagliato assimilare chi redige il bilancio in forma abbreviata (e ha l’obbligo di pubblicare la nota integrativa) da chi può non farlo (come le micro imprese di cui all’articolo 2435-ter Codice civile) o è esonerato dagli obblighi di pubblicazione (come le società di persone o le imprese individuali). Presumibilmente si tratta di un refuso, visto che il testo normativo è anche poco coerente con la relazione accompagnatoria.
Occorre chiarire una volta per tutte – anche per superare una diversa interpretazione che emerge da alcune risposte date al Mise in sede di interpello (si veda «Il Sole-24 Ore» del 29 agosto scorso) - che tanto le società che redigono il bilancio in forma abbreviata, quanto le micro imprese non hanno obblighi relativi ad altre forme pubblicitarie. Per quanto riguarda l’oggetto dell’informativa, essa riguarda gli importi e le informazioni relativi a sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria, effettivamente erogati dalle Pa di cui all’articolo 1, comma 2 Dlgs 165/01 e dai soggetti assimilati di cui all’articolo 2-bis Dl 33/13. Il principio guida è, quindi, quello “di cassa” e va ricordato che:
l’obbligo non scatta se l’importo complessivo annuo incassato non supera i 10mila euro;
per gli aiuti di Stato e gli aiuti de minimis contenuti nel Registro nazionale degli aiuti di Stato è sufficiente dare notizia di questo in nota integrativa o sul sito, senza fornire ulteriori dettagli;
secondo il Consiglio nazionale dei commercialisti (marzo 2019), la norma sembra fare riferimento alle erogazioni ricevute nell’anno solare, anche se diverso dall’esercizio, per cui, ad esempio, una società con esercizio sociale che chiude il 30 giugno 2020 dovrebbe indicare in nota integrativa le erogazioni ricevute dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2019.
Il comma 125-ter prevede che l’inosservanza di questi obblighi «a partire dal 1° gennaio 2020» comporta una sanzione pari all’1% degli importi ricevuti (con un minimo di 2mila euro), oltre alla sanzione accessoria dell’obbligo di pubblicazione. La restituzione del beneficio scatta solo in caso di inottemperanza decorsi 90 giorni dalla contestazione da parte delle Amministrazioni eroganti il contributo. Anche qui occorrerebbe specificare che errori o omissioni commessi nel 2019 non sono sanzionabili, neppure dal 1° gennaio scorso in poi.
Fonte: Il sole 24 ore autore Giorgio Gavelli

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