Fondo perduto, aiuti leggeri per le imprese più giovani

Le aziende nate nel 2019 non sono tenute a provare la differenza di fatturato
Chi non la dimostra non può calcolare il contributo in percentuale sul calo
Il contributo a fondo perduto per imprese e lavoratori autonomi ha creato molte aspettative, ma per applicarlo sarà necessario vagliare alcuni dati passando continuamente dal settore Iva a quello delle imposte dirette.
I soggetti interessati sono di tre tipologie: imprese commerciali, agricole e lavoratori autonomi, a condizione che siano titolari di partita Iva (precisazione rilevante solo per i lavoratori autonomi, visto che negli altri due casi la titolarità di partita Iva è un pre-requisito).
Tra questi ve ne sono alcuni che, per esplicita previsione normativa, non hanno diritto al contributo:
i soggetti cessati al 31 marzo 2020 (quindi, per esempio, un’impresa che abbia cessato l’attività ad aprile 2020, prima dell’entrata in vigore del decreto Rilancio, ha comunque diritto al contributo),
gli enti pubblici, gli intermediari finanziari
e coloro che hanno diritto alle indennità, come i lavoratori dello spettacolo e i professionisti con o senza un’autonoma cassa di previdenza.
Va inoltre verificato il limite massimo di ricavi o compensi prodotti nel 2019, il cui ammontare non può superare i 5 milioni di euro (per i titolari di reddito agrario il perimetro normativo è l’articolo 32 del Tuir).
Il nodo dei beneficiari
Qui cominciano a emergere alcune criticità. I soggetti che potenzialmente avrebbero diritto alle indennità previste dagli articoli 28,38 e 44 del Dl 18/20, se sono stati esclusi da questi bonus perché non hanno i requisiti richiesti dalle norme, dovrebbero poter accedere al contributo a fondo perduto. Pensiamo a un professionista privo di cassa di previdenza, che sia titolare di un trattamento pensionistico; oppure a un professionista con cassa di previdenza autonoma, che però abbia avuto nel 2018 un reddito superiore a 50mila euro: in entrambi i casi, a fronte della riduzione del fatturato tra aprile 2019 e aprile 2020, il contributo dovrebbe spettare.
Elemento fondamentale da verificare è la riduzione di fatturato o di corrispettivi tra il mese di aprile 2019 e il mese di aprile 2020, che dev’essere almeno di un terzo. Il confronto fa riferimento all’accezione Iva (fatturato) e non alle imposte sui redditi, con specifico richiamo alla data di effettuazione delle operazioni di cui all’articolo 6 del Dpr 633/72.
Il calcolo dei contributi
Il dato della differenza di fatturato tra aprile 2019 e aprile 2020 è fondamentale anche per calcolare concretamente il contributo. Infatti, sulla differenza si applica l’aliquota del 20%, 15% o 10%, a seconda che l’ammontare dei ricavi o compensi del periodo 2019 (e qui si torna a un’accezione da imposte dirette) non abbia rispettivamente superato quota 400mila, 1 milione o 5 milioni euro.
Sul punto emerge un’ulteriore criticità, se si pensa al caso delle imprese costituite dopo il 1° gennaio 2019 e a quelle che hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di Comuni colpiti dai eventi calamitosi, i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza per Covid-19.
Per queste imprese, per cui non rileva la riduzione di fatturato, come si esegue il calcolo? Pensiamo a una società costituita a novembre 2019, che non presenta alcun dato per il mese di aprile 2019: in tal caso, l’unica soluzione praticabile sembra essere quella di applicare la misura minima di mille euro per le persone fisiche e 2mila per gli altri soggetti.
Gestione contabile e fiscale
Dal punto di vista contabile e reddituale, il contributo va classificato tra quelli in conto esercizio (al riguardo il principio contabile Oic 12 cita espressamente i contributi spettanti in relazione a fatti eccezionali, quali calamità eccetera); e va allocato alla voce A5 del conto economico, rispettando il principio di competenza.
Dal punto di vista fiscale, i contributi si considerano ricavi ex articolo 85, comma 1, lettera h), del Tuir, che tuttavia non partecipano alla formazione dell’imponibile reddituale, né del valore della produzione, come stabilisce l’articolo 28, comma 7, del decreto Rilancio. Ciò comporta, per le società di capitali, che essi saranno esclusi dal calcolo del Rol.
Il Sole 24 Ore lunedì  -- Paolo Meneghetti

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