Superbonus, si moltiplicano asseverazioni e responsabilità

Per capire meglio le responsabilità che il tecnico si assume con le pratiche di sismabonus e superbonus è utile fare un breve riassunto, che non sarà piacevole da leggere per i professionisti.
In base al Dpr 380/01, il professionista deve asseverare tutti i titoli edilizi. Negli ultimi anni la procedura è diventata fin troppo sfruttata e, in particolare con l’articolo 13 della legge 134/12, viene sdoganato il concetto che, nei casi in cui la normativa preveda l’acquisizione di atti o pareri di organi o enti, essi sono sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni o asseverazioni o certificazioni, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.
Le responsabilità del tecnico asseverante sono diverse: penali (falso ideologico in base agli articoli 479, 480, 481 e 483 del Codice penale); civili (per danni); deontologiche/disciplinari (verso il proprio ordine o collegio di iscrizione); amministrative (in caso di realizzazione di abusi edilizi).
E va anche ricordato che, per ogni titolo edilizio riguardante le strutture, sempre in base al Dpr 380/01, il progettista delle opere strutturali assevera la rispondenza del progetto da lui redatto alle normative tecniche vigenti. E così anche per il titolo edilizio generale.
Con l’entrata in vigore del sismabonus, dal 1° gennaio 2017, è subentrata un’ulteriore asseverazione con l’allegato B del Dm 58/17.
In particolare, l’articolo 3, comma 2 spiegava che «il progettista dell’intervento strutturale, a integrazione di quanto già previsto dal Dpr 380/01 e dalle normative tecniche per le costruzioni, assevera la classe di rischio dell’edificio precedente l’intervento e quella conseguibile a seguito dell’esecuzione dell’intervento progettato».
La necessità di asseverazione ha un senso ben preciso: i maggiori benefici fiscali (dal 70 all’85%) sono proporzionati a interventi più prestazionali in termini di sicurezza strutturale dell’edificio; occorre, di fatto, procedere con una pratica che le normative tecniche per le costruzioni chiamano miglioramento.
Quest’ultimo però può racchiudere al proprio interno una grande quantità di possibilità: quindi, è giusto che il professionista vada ad asseverare il tipo d’intervento nella pratica generale, e poi ad asseverare ulteriormente il livello raggiunto al fine del beneficio fiscale.
Avremo, così, un’asseverazione generica e una specifica per il sismabonus; la pratica edilizia potrebbe tranquillamente andare a buon fine ma non così quella dei bonus fiscali, perché il miglioramento potrebbe essere talmente modesto da non permettere alcun salto di classe.
Il Dm 58/17, sempre all’articolo 3, comma 1, prevede che l’efficacia degli interventi finalizzati alla riduzione del rischio sismico è attestata dai professionisti incaricati della progettazione strutturale, direzione dei lavori delle strutture e collaudo statico.
Questi ultimi due non devono, però, fare nulla di più di quanto già contemplato nell’iter edilizio: il progettista delle strutture dichiara un miglioramento antisismico, il direttore dei lavori strutturale e il collaudatore producono i loro documenti durante il cantiere e a termine dei lavori, affinché si chiuda l’iter burocratico; in più, all’inizio e ai soli fini del beneficio fiscale, il progettista deve produrre l’asseverazione aggiuntiva.
Con il Dl 34/20 e l’entrata in vigore del superbonus la procedura ha subito un deciso giro di vite per quanto riguarda le responsabilità.
Come specificato nella circolare 24/E dell’agenzia delle Entrate, trattandosi di una normativa di particolare favore, il Dl rilancio, in aggiunta agli adempimenti ordinariamente previsti per le detrazioni già esistenti per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici, introduce un sistema di controllo strutturato per evitare comportamenti non conformi alle disposizioni agevolative.
Come abbiamo visto prima, maggiori controlli significano maggiori asseverazioni, e non è inutile ricordare che il superbonus non elimina il sismabonus, ma rimangono entrambi possibili.
Nel caso del superbonus le asseverazioni sono diverse e vanno distinte:
asseverazione sul possesso di adeguata polizza assicurativa, in base all’articolo 119 comma 14 del Dl 34/20: polizza di assicurazione della responsabilità civile, con massimale adeguato al numero delle attestazioni o asseverazioni rilasciate e agli importi degli interventi oggetto delle predette attestazioni o asseverazioni e, comunque, non inferiore a 500mila euro, al fine di garantire ai propri clienti e al bilancio dello Stato il risarcimento dei danni eventualmente provocati dall’attività prestata;
asseverazione sulla congruità della spesa ammessa a detrazione, suddivisa per importo dei lavori e importo delle prestazioni professionali (con ulteriore suddivisione in stati d’avanzamento);
asseverazione sull’effetto della mitigazione del rischio conseguito mediante l’intervento progettato (quella che nel sismabonus è l’allegato B).
Sulla prima, al momento, si può solo consigliare al tecnico di rivolgersi al proprio assicuratore di fiducia per le verifiche del caso. Sulla seconda si nota che, mentre l’importo delle opere può essere ricondotto ai prezziari ufficiali e quindi giustificato, l’onorario del tecnico, soggetto a estrema discrezionalità, non ha alcun tariffario di riferimento.
Infine, per quanto riguarda la terza asseverazione, ci si chiede quale senso abbia, dal momento che la percentuale di detrazione con il superbonus è elevata al 110% per ogni tipo d’intervento, anche per quelli che non producono alcun miglioramento (quelli che la normativa tecnica per la costruzioni chiama «riparazione o intervento locale»).
Dunque, viene a decadere la sua esistenza legata all’esigenza di prestazionalità e tutto può essere ricondotto all’asseverazione generale del titolo edilizio, senza inutili ulteriori responsabilità per il tecnico che firma.
In aggiunta, le tre asseverazioni legate al superbonus devono essere prodotte, oltre che dal progettista, anche dal direttore dei lavori (la prima e la seconda) e dal collaudatore (la prima e la terza).
Ora, senza ribadire l’inutilità della terza asseverazione, della quale si deve assumere la responsabilità anche il collaudatore, si fa presente che in questo caso, leggendo il testo del Dl Rilancio, il progettista e il direttore dei lavori incaricati dell’asseverazione dell’intervento(quella generale in base al Dpr 380/2001) non sono più, come per il sismabonus, obbligatoriamente gli stessi che devono firmare l’asseverazione legata al 110 per cento.
Quando si aprirà un eventuale contenzioso, però, c’è da chiedersi chi sarà il primo a essere chiamato in causa. E un vizio nell’asseverazione madre, quella generale secondo il Dpr 380/01, andrà a vanificare a cascata anche tutte le altre?
Ingegneria sismica italiana
Fonte: Il sole 24 ore autore Andrea Barocci

DOMANDE D & R RISPOSTE
Sono comproprietario con mia moglie di una casa singola composta da due unità immobiliari. Ogni unità ha un proprio impianto di riscaldamento/acqua sanitaria, ormai vecchio di oltre 15 anni e vorremmo sostituirli entrambi, usufruendo del bonus 110 per cento. Preciso che ogni appartamento ha una propria porta d’ingresso, ma l’accesso su strada è comune.
La risposta è negativa. Il caso riguarda un edificio composto da due unità immobiliari distintamente accatastate, funzionalmente indipendenti, in quanto dotate di propri impianti esclusivi, ma prive ognuna di almeno un accesso autonomo dall’esterno, in quanto gli ingressi delle abitazioni affacciano su un vano comune: in questo caso, le due unità immobiliari non si possono considerare come funzionalmente indipendenti. Un’unità è considerata funzionalmente indipendente, qualora sia dotata di installazioni o manufatti di qualunque genere, quali impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento di proprietà esclusiva (ad uso autonomo esclusivo) e, allo stesso tempo, ci sia la presenza di un «accesso autonomo dall'esterno». Questo presuppone che l’unità immobiliare disponga di un accesso indipendente non comune ad altre unità immobiliari, chiuso da cancello o portone d’ingresso che consenta l’accesso dalla strada o da cortile o giardino di proprietà esclusiva. (Alessandro Borgoglio)
In un fabbricato ad uso abitativo di proprietà di tre soggetti si deve rifare il tetto. Non essendoci né amministratore né conto corrente condominiale, intendiamo chiedere al professionista e all’impresa che emettano tante fatture quanti sono i condomini, a fronte di singoli bonifici. Questa modalità è consentita?
Le spese per lavori su parti comuni di un condominio minimo devono essere ripartite tra comproprietari sulla base della tabella millesimale o, in assenza di tabella, sulla base percentuale di proprietà. In questo caso, i bonifici di pagamento sono eseguiti, in assenza di codice fiscale del condominio, da uno dei condòmini con il proprio codice fiscale in nome e per conto di tutti gli altri e la detrazione è suddivisa tra i condòmini sulla base o della tabella millesimale o dell’accordo tra le parti. Va, inoltre, precisato che in assenza del codice fiscale del condominio, i contribuenti, per beneficiare della detrazione per gli interventi edilizi realizzati su parti comuni di un condominio minimo, per la quota di spettanza, possono inserire nei modelli di dichiarazione le spese sostenute utilizzando il codice fiscale del condomino che ha effettuato il relativo bonifico (circolari 7/E del 2018, 13/E del 2019 e 19/e del 2020). La procedura di tener separati pagamenti e fatture per i singoli comproprietari non è stata, invece, espressamente presa in considerazione da parte dell’agenzia delle Entrate e, quindi, si consiglia di evitarla. (Marco Zandonà)

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