Bonus impatriati anche a chi lavora da remoto per l’estero

Misura a beneficio di aree a rischio desertificazione demografica
Le misure fiscali proposte negli ultimi anni in Italia per attrarre capitale umano rappresentano un esperimento di rigenerazione economica, sociale e tecnologica, dei nostri centri urbani. 
Il lavoro in remote working supera le barriere fisiche del posto di lavoro e la prossimità all’ufficio diventa un elemento non più necessario per l’esecuzione del lavoro. 
Coniugare lavoro da remoto e regime degli impatriati potrebbe rendere l’Italia un laboratorio di sedi diffuse di lavoro, a beneficio di aree geografiche che soffrono di desertificazione demografica.
Con il decreto Crescita (Dl 34/19) le condizioni per accedere al regime dei cosiddetti lavoratori impatriati di cui all’articolo 16, comma 1, del Dlgs 147/15, sono state semplificate e oggi un soggetto residente all’estero (che sia o meno cittadino italiano) che decida di trasferirsi in Italia, può beneficiare di una sensibile riduzione del carico fiscale sul reddito di lavoro dipendente qualora: 
sia stato residente all’estero almeno nei due periodi d’imposta prima il trasferimento in Italia;
si impegni a risiedere in Italia per almeno due anni; 
l’attività lavorativa sia prestata prevalentemente nel territorio italiano. Le modifiche introdotte dal Dl Crescita sembrerebbero consentire l’accesso all’agevolazione anche a tutti quei dipendenti di aziende non residenti che dovessero decidere di trasferirsi in Italia per svolgere da remoto l’attività lavorativa. A favore di tale opportunità sembrerebbero orientarsi le Entrate che con la risposta a interpello 341/2020 hanno riconosciuto la spettanza di una simile agevolazione fiscale (quella di cui all’articolo 44 del Dl 78/10 per i docenti e i ricercatori) a un lavoratore che, trasferendosi in Italia, aveva intenzione di continuare a prestare l’attività di ricerca in favore di un ente estero.
Un’interpretazione contraria si scontrerebbe con il testo normativo e non valorizzerebbe adeguatamente gli effettivi benefici di carattere economico, sociale e tecnologico che potrebbero derivare dai trasferimenti in Italia di soggetti residenti all’estero.
I vantaggi per l’individuo sarebbero importanti; per coloro che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo di imposta 2020 l’ammontare di reddito escluso da tassazione è del 70%, con un ulteriore abbattimento fino al 90% per chi sceglie di trasferirsi in un Comune di: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia.
Il Dl Crescita ha ulteriormente ampliato l’arco temporale di fruizione del regime. Secondo la nuova formulazione la sua applicazione è estesa per ulteriori cinque periodi di imposta per i lavoratori con almeno un figlio minore a carico e per quelli che acquistino in Italia, successivamente al trasferimento o nei dodici mesi antecedenti, un immobile residenziale. 
In entrambi i casi, per il quinquennio aggiuntivo la percentuale di esclusione del reddito sarà limitata al 50%, che può arrivare al 90% per i lavoratori che abbiano almeno tre figli minori o a carico. 
Fonte: Il sole 24 ore 
Autori: Tiziana Creta - Alessio Vagnarelli

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