DECRETO RISTORI BIS - Fondo perduto, il calcolo nel labirinto di codici Ateco e zone di attività

Il fatturato di aprile 2020 deve essere inferiore ai due terzi di quello di aprile 2019
Previsto un tetto di 150mila euro per ciascun contributo erogato
Per quantificare il nuovo contributo a fondo perduto occorrerà fare riferimento all'ubicazione del domicilio fiscale o della sede operativa dell'attività. Il diritto a ricevere il ristoro e l'ammontare dello stesso, infatti, saranno definiti in corrispondenza ai diversi scenari e livelli di rischio contemplati dal Dpcm del 3 novembre 2020, che suddivide il territorio nazionale in zone gialle, arancioni e rosse, definendone le specifiche misure restrittive.
Per gli operatori economici in partita va tali restrizioni sono declinate sulla base di due variabili: la tipologia dell’attività svolta e il contesto territoriale, con uno spettro che va da attività sospese o limitate su tutto il territorio nazionale ad attività aperte anche nelle zone rosse.
I medesimi criteri sono stati trasposti nella definizione delle condizioni di accesso e della quantificazione dell’ammontare del contributo, generando un modello molto più selettivo di quello congegnato per il fondo perduto dello scorso maggio. In buona sostanza, quindi, dopo aver riscontrato il possesso del requisito oggettivo richiesto dalla norma (fatturato di aprile 2020 inferiore ai due terzi del fatturato di aprile 2019), bisognerà procedere alla verifica dei requisiti soggettivi, ovvero alternativamente:
esercitare prevalentemente una delle attività contemplate dall’allegato 1 del decreto Ristori bis (indipendentemente dall’ubicazione);
esercitare prevalentemente una delle attività incluse nell’allegato 2 dello stesso decreto e avere il domicilio fiscale o la sede operativa in una zona rossa.
Successivamente, il contributo potrà essere quantificato attraverso la preventiva determinazione dei seguenti valori:
a) ammontare della differenza tra il fatturato di aprile 2019 e quello di aprile 2020;
b) coefficiente dimensionale, determinato nel 20%, nel 15% e nel 10% a seconda che i ricavi (o compensi) realizzati nel periodo d'imposta precedente a quello in corso al 19 maggio 2020 rispettivamente non superino 400mila euro, siano maggiori di 40mila ma non di un milione di euro, eccedano il milione di euro;
c) coefficiente settoriale, individuato dalle percentuali contenute nelle tabelle pubblicate negli allegati 1 e 2 del decreto Ristori bis.
Quest’ultimo coefficiente viene declinato in cinque parametri (50%, 100%, 150%, 200%, 400%) per le attività dell'allegato 1 e in un unico valore (200%) per quelle dell’allegato 2. Va inoltre considerato che alcune attività (gelaterie, pasticcerie, bar e alberghi) – già comprese nell'allegato 1 – incrementano di 50 punti percentuali il proprio coefficiente settoriale nel caso in cui siano ubicate nelle zone arancioni o rosse.
Una volta individuati i valori, quindi, sarà possibile calcolare il contributo spettante moltiplicando il minor fatturato di cui al punto a) per i coefficienti di cui ai punti b) e c). Considerando, in ogni caso, che la legge prevede un tetto massimo di 150mila euro per ciascun contributo erogato, nonché un contributo minimo di mille e 2mila euro (cui applicare il coefficiente settoriale) rispettivamente per le persone fisiche e per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
Fonte: Il sole 24 ore autore Andrea Dili

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