Tassazione indennità di esproprio - ritenuta a titolo di imposta 20%

Il contribuente deve esercitare la scelta in sede di dichiarazione dei redditi.
La suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 2490 dell'8 febbraio 2005, ha statuito che, in relazione alle plusvalenze derivanti da indennità di esproprio, i contribuenti che in sede di dichiarazione dei redditi non hanno optato per la tassazione ordinaria non possono avanzare alcuna pretesa di rimborso al fisco su tali somme già assoggettate alla ritenuta "secca" del 20 per cento.
La vicenda processuale, decisa dal giudice di legittimità, era scaturita dal ricorso di un soggetto espropriato, assoggettato a ritenuta del 20 per cento sull'intera somma percepita e non sulla sola plusvalenza; il ricorrente in primo grado aveva configurato il prelievo come una sorta di "esproprio" del suo patrimonio e non come legittimo prelievo dal reddito prodotto dal patrimonio stesso. Innanzi al giudice tributario di primo grado, il contribuente aveva articolato l'impugnazione del silenzio rifiuto, formatosi a seguito della presentazione di una istanza di rimborso dell'Irpef trattenuta dal Comune di Roma, quale sostituto di imposta, ai sensi dell'articolo 11, comma 7, della legge n. 413/1991, in occasione del pagamento del prezzo di un terreno ceduto all'ente sostenendo che:trattandosi di una cessione attuata con atto stipulato in epoca anteriore alla entrata in vigore della legge n. 413/1991, che ha introdotto il prelievo sulle plusvalenze, la ritenuta era stata operata indebitamente, a nulla rilevando la circostanza che il pagamento era stato effettuato nel maggio 1997, quando oramai vigeva la nuova normativa
la ritenuta era stata operata, indebitamente, sull'intera somma e non sulla sola parte costituente plusvalenza.
La commissione tributaria adita in primo grado aveva accolto il ricorso del contribuente, ma, successivamente, la commissione regionale aveva ritenuto fondato l'appello dell'Amministrazione finanziaria.
Con il ricorso in cassazione, il contribuente aveva dedotto:violazione e falsa applicazione degli articoli 81, comma 1, lettere a) e b), e 82, commi 1 e 2, Tuir, e dell'articolo 11, comma 1, lettera f), e commi 5 e 7, legge 413/1991, e vizi di motivazione sul punto, in quanto erroneamente i giudici di merito hanno ritenuto applicabile il prelievo fiscale in questione sull'intero ammontare della somma erogata al ricorrente, e non sulla sola plusvalenza, intesa come "differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta, al netto dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo", ai sensi dell'articolo 82, comma 1, Tuir, nel testo vigente ratione temporis
violazione delle medesime disposizioni di legge, anche con riferimento ai parametri costituzionali di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione, e della legge n. 241/1990, in relazione al mancato rispetto delle regole che disciplinano lo svolgimento dell'istruttoria del procedimento amministrativo e dell'articolo 6, commi 2 e 4 della legge 212/2000 (Statuto del contribuente), perché il Comune di Roma ha omesso di instaurare il contraddittorio con il cittadino-contribuente, in relazione a fatti e circostanze dai quali poteva derivare il mancato riconoscimento del credito richiesto a rimborso
motivazione insufficiente e contraddittoria, in quanto le argomentazioni giuridiche addotte non erano sufficientemente analitiche e corrette, né erano condivisibili, in quanto non confutavano le ragioni in base alle quali i giudici di primo grado avevano ritenuto che la ritenuta era stata operata in maniera errata sull'intero ammontare della somma erogata.
Con la sentenza citata, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso del contribuente.
L'iter logico giuridico si è così sviluppato:
"Il ricorso non può trovare accoglimento.
Con il primo motivo, il P., sostanzialmente, lamenta che la ritenuta "secca" del 20% è stata operata sulla intera somma percepita e non sulla sola plusvalenza, con la conseguenza che il prelievo configurerebbe una sorta di "esproprio" che ha colpito il suo patrimonio e non soltanto il reddito prodotto dallo patrimonio stesso. Ipotizza, quindi, profili di illegittimità costituzionale che, però, non appaiono condivisibili.
Preliminarmente, però, giova chiarire che risulta abbandonata la tesi della assoluta intassabilità della plusvalenza, basata sulla circostanza che la stipula dell'atto in base al quale era avvenuto il trasferimento dei terreni era anteriore alla entrata in vigore dell'art. 11 della legge 413/1991, contro la quale si è pronunciata ripetutamente questa Corte (ex plurimis Cass. 12706/2004; conf. 12581/2004, 12452/2004, 11423/2001, 6698/2004, 10218/2003, 8719/2003, 10585/2002, 2537/2001, 10056/2000, 9154/2000), con giurisprudenza condivisa dal Collegio.
Quanto ai profili di incostituzionalità eccepiti in relazione alle modalità di attuazione del prelievo fiscale, il comma 7 dell'art. 11 della legge 413/1991, dispone che "Gli enti eroganti, all'atto della corresponsione delle somme di cui ai commi 5 e 6, comprese le somme per occupazione temporanea, risarcimento danni da occupazione acquisitiva, rivalutazione ed interessi, devono operare una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 20 per cento. E' facoltà del contribuente optare, in sede di dichiarazione annuale dei redditi, per la tassazione ordinaria, nel qual caso la ritenuta si considera effettuata a titolo di acconto".
Quindi, il contribuente può scegliere tra la ritenuta "secca" del 20% operata sulla intera somma erogata, e la tassazione ordinaria, che determina l'ammontare dell'imposta dovuta tenendo conto della sola plusvalenza, unitamente alle altre componenti reddituali. La facoltà di scelta è lasciata esclusivamente al contribuente, che potrà utilizzarla in ragione della propria convenienza, senza che nulla possa eccepire l'amministrazione finanziaria.
Ne deriva che se il contribuente, come nella specie, non chiede di optare per la tassazione ordinaria, vuol dire che la tassazione "secca" realizza un prelievo fiscale inferiore a quello che risulterebbe rispettando il principio della tassazione in base alla capacità contributiva, invocato dal P. Con la ulteriore conseguenza che, se il prelievo fiscale attuato con il metodo della ritenuta "secca" (accettato dal contribuente) è al di sotto dell'ammontare del prelievo che risulterebbe dovuto tassando soltanto la plusvalenza, allora non si vede come si possa sostenere che il prelievo abbia "eroso" una parte del patrimonio.
Evidentemente, il legislatore si accontenta di "un minimo garantito", piuttosto che pretendere la tassazione secondo le forme ordinarie, privilegiando la scelta della rapidità e della certezza del prelievo, piuttosto che pretendere "tutto quanto dovuto", a tutto beneficio del contribuente. Peraltro, la Corte Costituzionale ha già rilevato dimostrare la non configurabilità di fatto, di una plusvalenza da esproprio" (Corte Cost. Ord. 395/2002).
Il secondo motivo di ricorso, con il quale, sostanzialmente il ricorrente lamenta il mancato rispetto, da parte del Comune di Roma, delle procedure previste per garantire il contraddittorio, è basato su un equivoco di fondo, in quanto il Comune, nella specie, era tenuto soltanto ad operare la ritenuta di cui all'art. 11, comma 7, della legge 413/1991, al pari di ogni di qualsiasi soggetto che sia investito degli obblighi del sostituto d'imposta".
Riflessioni
Gli enti erogatori, all'atto del pagamento delle indennità in oggetto, devono operare una ritenuta a titolo di imposta del 20 per cento sull'intera somma liquidata.
I contribuenti, in sede di dichiarazione dei redditi, possono però optare per la tassazione separata od ordinaria, e, in tal caso, la ritenuta si considera effettuata a titolo di acconto. Solo nell'ipotesi di opzione per la tassazione ordinaria, il contribuente deve procedere al calcolo della plusvalenza.
Si precisa, inoltre, che le somme percepite a titolo di interessi, così come quelle percepite a titolo di risarcimento danni a seguito di occupazione acquisitiva, vengono tassate interamente, in quanto non vi corrisponde alcun valore di acquisto. In caso di esproprio o di cessione volontaria di terreni solo parzialmente ricadenti nelle zone individuate dalla legge, la tassazione va operata solo sulla parte della somma relativa all'area ricompresa all'interno delle predette zone omogenee.
Ai fini del calcolo della plusvalenza, si considera il prezzo sostenuto per l'acquisto del terreno e tutte le spese inerenti, quali la parcella notarile, l'imposta di registro e le imposte ipotecarie e catastali. Per quanto riguarda, invece, i terreni posseduti al 1° gennaio 2002 o al 1° gennaio 2003 ovvero al 1° luglio 2003, rivalutati in base ad apposita perizia giurata di stima, previo pagamento dell'imposta sostitutiva, si considera il valore di perizia.
La ritenuta subita sull'indennità di esproprio si considera effettuata a titolo d'acconto rispetto all'imposta risultante dalla dichiarazione dei redditi dell'anno di percezione dell'indennità. Il fatto che l'imposizione della plusvalenza possa avvenire soltanto in sede di dichiarazione dei redditi, così come l'applicazione della ritenuta non possa che avvenire sull'indennità di esproprio, è conseguenza del diverso momento e titolo del prelievo fiscale nell'uno e nell'altro caso. Pertanto, il contribuente che ritenga l'applicazione della ritenuta del 20 per cento sull'indennità di esproprio un carico fiscale deteriore rispetto alla tassazione Irpef, ordinaria o separata, della sola plusvalenza, deve indicare nella dichiarazione dei redditi la plusvalenza, determinata ex articolo 82 del Dpr n. 917/1986, scorporando l'avvenuto prelievo del 20 per cento a titolo di acconto, anziché richiedere il rimborso totale della ritenuta subita, e, in tal modo, sottrarsi all'imposizione tributaria: la determinazione della plusvalenza imponibile ai fini Irpef secondo i criteri indicati nell'articolo 82 citato deve, a pena di decadenza, essere effettuata in dichiarazione.
Tale assunto, lungi dall'attuare una distorsione nel sistema normativo dell'imposizione fiscale, concilia l'esigenza amministrativa di efficienza ed economicità nella riscossione del tributo, mediante l'applicazione della ritenuta alla fonte all'atto dell'erogazione dell'indennità, con l'esigenza privatistica di subire un prelievo fiscale equo e costituzionalmente orientato, tramite l'esercizio dell'opzione della tassazione della sola plusvalenza in dichiarazione, con conseguente scorporo della ritenuta.

Fonte: Rivista Fisco oggi

Commenti